La prima vittima della violenza fascista: LUIGI GASTARDELLI
Notizie e contestualizzazione storica:
(DA PIETRE DELLA MEMORIA)
La lastra collocata in piazza della Cittadella, nel muro di
cinta del “campetto” detto di Santa Maria, spiega senza bisogno di tante
parole perché, a Sarzana e in Val di Magra, ricordare la lotta di
liberazione inizi dai cosiddetti “fatti del 1921”.
Se infatti la Resistenza e la lotta di liberazione degli anni 1943 -
1945 furono il momento culminante e decisivo di una riscossa popolare
contro il regime fascista e contro l’occupazione nazista, sarebbe
profondamente sbagliato confinare tale lotta in quei soli due anni
finali della guerra.
Il fascismo - movimento politico nato alla fine del 1919 a Milano per
iniziativa di Benito Mussolini - assunse pressoché subito, in un Paese
ancora provato dalla tragedia della prima guerra mondiale e attraversato
da pesantissime contraddizioni e lotte sociali, il carattere della
violenza e dell’eversione.
Tali caratteri avrebbero dovuto far comprendere come nel fascismo si
mostrassero sin da allora evidenti gli embrioni della dittatura.
La debolezza dell’ancora giovane democrazia italiana, le forti pressioni
esercitate sul Re (che ad esse non seppe resistere) e le contraddizioni
delle forze politiche tradizionali non riuscirono invece ad impedire
l’affermarsi progressivo e violento del regime fascista, e Mussolini fu
chiamato a presiedere il governo il 28 ottobre 1922, all’indomani della
cosiddetta “Marcia su Roma”.
Non avrebbe più lasciato quell’incarico, trasformato sempre di più in strumento di dittatura personale, sino al 25 luglio 1943.
Ma una parte rilevante del popolo italiano quei germi li aveva potuti
vedere, e subire sulla propria pelle. Come appunto il popolo di Sarzana.
Per questo gli avvenimenti accaduti in città nel periodo del giugno -
luglio 1921, anche se non isolati nel Paese, assunsero subito un
significato emblematico, ed ancora oggi rappresentano una pagina
importante della storia dell’Italia nel Novecento.
A partire, appunto, da Luigi Gastardelli, la prima di una serie
lunghissima di vittime sarzanesi del fascismo (persone uccise, ferite,
deportate, perseguitate nei modi più subdoli ed anche atroci).
Luigi Gastardelli era nato a Sarzana nel 1856, nel vecchio Borgo (verso
Porta Romana). Giovanissimo, apprese l’arte della falegnameria,
svolgendo, poi, il suo lavoro alle dipendenze di una nobile famiglia
cittadina. Sposatosi con Carlotta Bagnone, mise al mondo la bellezza di
... dodici figli: Amelia, Gina, Giuseppina, Aurelio, Carlo, Enrico,
Ferruccio, Alessandro, Arturo, Giacomo, Alfredo ed Alberta.
In quel dopoguerra l’Italia era pervasa dal malcontento della
popolazione, e per l’indigenza, e per la mancanza di lavoro, e per le
non mantenute promesse ai reduci, e soprattutto, per la fame dilagante.
Fu in quella situazione che gli elettori sarzanesi (all’epoca votavano
solo gli uomini), nelle elezioni amministrative del 1920, diedero la
maggioranza dei voti alla lista del partito socialista.
Per questo suo carattere di città “rossa”, Sarzana divenne presto
oggetto di furiosi attacchi, prima verbali e poi armati, da parte dello
squadrismo fascista, e, in particolare, di quello della vicina Carrara,
comandato dal futuro ras della Lunigiana: Renato Ricci.
È in questo contesto che matura l’omicidio di Luigi Gastardelli, bene
descritto nella relazione di un funzionario di polizia conservata
nell’archivio di Stato della Spezia.Eccone il testo:
“Giacché in questo frattempo io con i miei due agenti eravamo rimasti in
Via Mazzini, all'altezza del bar Italia, per cercare di trattenere
alcuni socialisti e repubblicani, i quali, per essere stato poco prima
percosso un loro compagno, tale Destri Fernando, avevano preso ad
inveire contro i fascisti che si allontanavano e contemporaneamente
ordinavo ad uno di questi, tal Lance Tomaso, ritardatario di
retroguardia, di raggiungere i suoi compagni.
Ad un tratto da qualcuno che trovavasi alle mie spalle, il fascista fu,
colpito violentemente alla testa ed al viso con due bastonate che gli
produssero ferite al naso con abbondante fuoriuscita di sangue; il
Larese senz'altro si appoggiò con le spalle al muro della facciata del
teatro ed estratta di tasca una rivoltella a rotazione, tipo militare,
la puntò contro il gruppo dei suoi aggressori, che all'atto si dettero
alla fuga, ed avrebbe fatto fuoco, se con mossa fulminea, non fosse
stato trattenuto da me e dall'agente investigativo Giudice.
Il Larese lanciò un grido di aiuto ai compagni che erano innanzi. Questi
allora, ... rotta la cerchia dei Reali Carabinieri, che cercavano di
trattenerli fuori Porta Romana, ritornarono indietro di corsa,
furibondi, decisi a trarre vendetta del loro compagno ...
Rientrati furiosamente in Porta Romana, i fascisti si sparpagliarono
subito per le diverse vie laterali che ivi sboccano, sparando colpi di
rivoltella all'impazzata in tutte le direzioni; sicché la Forza Pubblica
fu impossibilitata a fronteggiarli ancora.
Un gruppo di essi che aveva preso per Via Parentucelli, visto in
lontananza venire giù di corsa, per la Via Castruccio, un individuo
armato di fucile, prese a sparargli contro revolverate, costringendolo
ad un rapido retro-front ed a una fuga precipitosa; ed altri colpi
spararono nelle vie laterali, per sventare forse agguati dai lati.
Uno di questi colpi ferì gravemente alle spalle tale Gastardelli Luigi,
fu Alessandro di anni 66, operaio, che rincasava col proprio figlio
Ferruccio, a pochi passi dall'Agente Investigativo Camassa, da tale
Nelli Luigi, dal Brigadiere RR.CC. Parodi, che sopraggiungeva con
quattro militi, dalla sua Caserma.
I fascisti allora; intuendo la nostra decisione di porre fine con una
energica azione, anche a fuoco, alla situazione che si era creata si
diressero a Porta Romana e quivi, saliti sulle vetture, si allontanarono
velocemente, dopo essersi lagnati ad alta voce del trattamento avuto
dalla Forza Pubblica ed aver minacciato me ed il Tenente Niccodemi, di
farci saltare da Sarzana.
Riordinata la forza, fu organizzato un pattuglione, ed essendosi
solamente allora da me appreso del ferimento del Gastardelli, ci
dirigemmo verso il luogo dove era stato ferito, ma dal custode della
Società di pubblica assistenza “La Misericordia” sapemmo che il ferito
era già morto in ospedale.Nel frattempo, dalla parte opposta, veniva
verso di noi una donna vecchia, sostenuta da tale Giannazzi Umbeto e da
un altro giovane, tutti e tre in lacrime: erano la moglie, il nipote ed
il figlio dell’ucciso, Gastardelli Ferruccio. Quest’ultimo, alla nostra
vista, evidentemente ottenebrato dall ‘intenso dolore, ebbe una mossa di
ribellione contro il più vicino a lui, il Tenente Niccodemi, che ne
fece proceder all'arresto; non più mantenuto quando l’incidente fu
chiarito e che il Gastardelli stesso chiese scusa del suo atto
inconsulto.
Dato il fermento sorto in città, furono subito messi in giro pattuglioni
di RR.CC. (Reali Carabinieri) e soldati di fanteria e chiesti a Spezia
altri rinforzi di Reali Carabinieri che giunsero verso le ore 21 circa e
di truppa, che giunsero verso la mezzanotte in due camion.
Frattanto era stato telefonato al Comando di Compagnia RR.CC. di Carrara
perché le vetture 36-375, 36-360 ed il camion 36-226 con cui i fascisti
sarebbero rientrati a Carrara, fossero fermati, i fascisti stessi
identificati e perquisiti; il che fu fatto a cura del detto Comando. E
così 28 fascisti poterono essere identificati nelle persone di: Ricci
Renato di Ernesto, Ricci Umberto di Ernesto, Baccio ...
Sarzana li 12 giugno 1921”
A Gastardelli furono tributate solenni onoranze funebri, tanto che la
famiglia, due giorni dopo il funerale, scrisse al Sindaco Terzi la
seguente lettera:
"L'assassinio di Gastardelli può, dunque, ben essere considerato il
primo grave fatto di sangue di un periodo di lutti e di sopraffazioni
che avrebbero avuto proprio nei fatti del 21 luglio un episodio tra i
più significativi. E ciò giustifica ampiamente la scritta posta sulla
lapide che, dopo l’ultima guerra, venne collocata sul muro di cinta
dell’attuale campetto da gioco della parrocchia di Santa Maria Assunta,
in piazza della Cittadella, cioè presso il luogo in cui avvenne il
delitto." (da "Testimoni del tempo e della storia” di Isa Sivori
Carabelli con la collaborazione di Egidio Banti)