UN COMMENTO DI ALESSANDRO PALUMBO SUL LIBRO DI PINO MENEGHINI "LA CAPORETTO DEL FASCISMO"

 




Non credo, anzi ne sono certo, che a Pino Meneghini questa bagarre sull'onorificienza del XXI luglio, così come le questioni relative alla dedicazione di sale, strade o piazze, avrebbe fatto piacere; soprattutto lo avrebbe trovato poco dignitoso, ravvisandone con acutezza un fine strumentale, visto come si sono mosse le cose in quanto legate al suo libro più noto e discusso " La Caporetto del Fascismo". 

Ecco invece il riconoscimento dell'onestà intellettuale del suo lavoro, quello sì, quello gli importava. Giuseppe Meneghini poteva dire cose anche scomode ma non lo faceva mai per provocazione gratuita ma perchè sicura della necessità delle sue affermazioni. L'incapacità di aver voluto vedere le cose in modo meno agiografico e più scabro, di non aver voluto affrontare vicende scomode attribuendo la patente di revisionismo al libro e liquidandolo senza, in molti casi, averlo neppure letto con cura, ha consentito che venissero fuori scorie di pensiero come quelle riportate nell'articolo che Giorgio Giannoni ha con intelligenza recuperato alla fine di alcune sue considerazioni sul libro e sull'autore.

Basta leggere le ultime righe del volume di Meneghini (anch'esse riportate nel testo di Giannoni), quelle della dedica alla città, ai Terzi, ai Poggi, ai SAbbadini a Jurgens, per comprendere da che parte stava Meneghini. Sapeva bene Pino, come scrive Calvino ne "Il sentiero dei nidi di ragno" che dietro il più idealista delle brigate nere si adombra la tortura, i rastrellamenti e dietro il partigiano più spietato la lotta per una società più libera e pacifica. Ma detestava la retorica che questa affermazione, pur vera, poteva e ha fatto spesso nascere. Un libro come il suo è stato, oltre che una dettagliata ricostruzione dei giorni di luglio del 1921, un importante contributo in quella brutta vicenda che vede gli italiani non aver mai fatto i conti veramente con il fascismo e in questo senso quel che resta da fare è ancora molto.

Alessandro Palumbo